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Il dantismo di Silvio Pasquazi, come anche si evince dagli scritti contenuti in questo libretto, è caratterizzato da una squisita sensibilità biblica ed è da affiancarsi, per questo, agli studi di Auerbach e di Singleton, cioè di autori per i quali il raffronto di Dante con la Bibbia non si limita ad un'ovvia registrazione di rimandi, ma scende nelle più profonde fibre del testo per riconoscere consonanze nello spirito e diremmo, nel _metodo' di scrittura (Scrivere come Dio, è il titolo di un importante libro su Dante di uno scrittore svedese). Scavando in profondità Pasquazi individuò nei quattro "sensi" dell'esegesi biblica cristiana, e, specialmente nel quarto e più alto, l'anagogia, la molla (se ci si passa il termine) dell'intera Commedia, la chiave interpretativa di un testo eccezionale che non si limitava a narrare, a inventare, ma che intendeva, attraverso il mezzo di una poesia altissima, mai tentata da uomo ("L'acqua ch'io prendo già mai non si corse" dirà Dante stesso nel Paradiso, II 7), coinvolgere sé stesso e il lettore in una tensione forte verso la piena realizzazione dell'uomo nell'eternità (ed è questo il significato di anagogia).